domenica, dicembre 24, 2006

THE EVENT
BIG RESPECT IN THE RED MOON

(sotto-sottotitolo: GOD SAVE THE FOMES)


Iniziamo dalla fine.
Edward Bunker ha descritto quel momento della giornata così:
"L'ora era quella della quiete che precede l'alba, il periodo mortale in cui sembra che in città non giri anima viva, in cui i fari di una macchina aumentano il senso di solitudine invece di alleviarlo."

Una storia noir, una storia dura, una storia non adatta ai palati fini: l'antivigilia di Natale, un giorno di festa rovinato per sempre da brutta gente in un dance club, brutte persone che fanno brutte cose in brutti posti.




E' una storia che inizia nelle lande desolate di Mordor, dove gli indigeni si ritrovano in orrendi locali pieni della peggio gioventù e mi fanno riconsiderare l'ipotesi di utilizzare le armi nucleari a fini tattici: The Fomes commenta "non si può vivere qui, dovrebbero vietarlo per legge".
Le brutte persone si ritrovano in un bar, dove ordinano strane combinazioni tipo "un negroni e un caffè", "un negroni e un caffè corretto sambuca", un luogo dove la cameriera ha una memoria infinita come Charlene di Heroes, e poi si dirigono verso il dance klub, verso il luogo dove la vicenda si dipana ed emergono i personaggi e le loro storie personali.

La storia di Frankie, a.k.a. "Via dei Landi's Finest - back from da hood", colui a cui è dedicata la serata, che a prescindere dalla musica che c'è in pista balla a tempo una canzone che esiste solo nella sua mente, si nutre di odio e di momenti trash, inspira alcol ed espira cazzate.

La storia di Patry "The Mad Professor" Guglielmi, detta anche "The Finest's Bird" che mette in pratica sulla pista da ballo tutte le mosse più trendy insegnatele dai suoi giovani virgulti, si lancia in vorticosi giri di valzer con The Finest, e a fine serata confessa di essere leggermente gonfia mentre barcolla vistosamente nel piazzale.

La storia di Sdeee, a.k.a. "The Master of Ceremonies", che si presenta con un giaccone color madreperla foderato di vero pelo di pantegana di Piazza Matteotti, un misto tra Britney Spears, i Take That e i cattivi dei G.I. Joe, quelli che sciavano.
E' il puparo, l'eminenza grigia che osserva le tristi vicende umane che si sviluppano di fronte a lui e le cattura con la telecamera del suo cellulare.

La storia di Sonya, a.k.a. "Jill Sanders", che improvvisa lezioni di step per Fabio, trascinandolo in un inferno di sudore e scalini per molte ore; anche alle 4 passate, quando ormai il locale è vuoto e nessuno ha più voglia di agitarsi, continuano a fare aerobica sotto gli occhi attoniti di un buttafuori che questa sera ne ha viste veramente troppe: a fine serata, in lacrime, l'anziano gigante brizzolato rassegna le dimissioni e si iscrive nella Legione Straniera, per non dover più sopportare questa visione della decadenza umana.

La storia del Gigo, a.k.a. "Capitano Achab" o "The Sperm-Whale Hunter"... il CACCIATORE DI CAPODOGLI!!!
Si erge ai bordi della pista come Achab sulla tolda del Pequod, scruta i marosi in attesa della sua preda.
Ad un certo punto della serata incrocia lo sguardo con l'esemplare che cercava: the master of ceremonies inizia ad aizzare Moby Dick indicando Achab e dicendo "LUI!!! LUI!!! PRENDI LUUUUIIIIIIIIIIIII!!!".
Il mostro marino si erge in tutta la sua mole imponente, ma Achab ne ha viste troppe per farsi intimorire, accetta la sfida e la abbranca con fare rapace e predatore... l'eterna lotta tra l'uomo ed il leviatano si ripropone per l'ennesima volta in tutta la sua brutale violenza.

E' il Capitano che sembra avere la meglio, si muove sicuro e padrone di sè e della sua sessualità, sembra riuscire a domare la balena e a fine canzone si gira verso di noi, esultando... ma, come nel libro di Melville, non c'è il lieto fine: il cetaceo, con un ultimo sussulto rabbioso, abbranca il Gigo e gli mangia la faccia, prima di crollare a terra sconfitta e devastata in un fragore di vassoi rovesciati e bicchieri frantumati: il capodoglio spiaggiato, una immagine di struggente tristezza.

La storia di Fomes, detto anche "Wolf, la bestia è fuori", "The Foxtrot Demon", "Blood is on the dancefloor", "Unleash the Beast", e molti altri alias.
Affronta la pista da ballo con piglio da conquistatore, manda il Capitano Achab allo sbaraglio e, non appena quest'ultimo si lancia in mare col suo arpione e attira su di sè la furia del capodoglio, punta deciso verso la biondina amica del cetaceo: la concupisce con un ballo d'altri tempi, e a fine serata riesce a carpirle numero di telefono, un fugace amplesso, e la promessa di reincontrarsi a Mordor;
durante il corteggiamento rituale incontra addirittura l'ex tipo di lei, gli si presenta con grandissima nonchalance e riesce addirittura a scambiarci due parole.

Nel viaggio di ritorno, mentre i fari delle poche auto sulla serravalle alle 6 del mattino aumentano la nostra solitudine, come sottolineato nella intro, delira ininterrottamente per molte decine di minuti, parlando tra le altre cose della necessità di introdurre due ore di dialetto a scuola, discettando di storia e musica, parlando con Dio, facendo cori da stadio su se stesso, ripetendo più volte mantra come "evvai Comes! Grandissimo Comes!!!", "Una bionda con le tette, incredibile!", "se Dio esiste, non è giusto che mi permetta di abbordare una biondina in discoteca", e molte altre.

La storia di Fabio, a.k.a. "V for Vergogna", che sceglie proprio questa serata per rivoluzionare per sempre il significato del termine "CAZZARO".
Si lamenta di non essere in gran forma per l'assenza della sua dolce metà, che è l'unica che riesce a tirare fuori il meglio da lui, ma ciononostante riesce a regalare perle indimenticabili a profusione, in numero quasi eccessivo per poterle ricordare tutte.

Al pronti-via è già ubriaco come un mattone, e come prima prodezza terrorizza un nerd che si era seduto ai bordi di uno dei nostri divanetti facendolo fuggire a gambe levate; inizia subito un rapporto morboso con l'anziano buttafuori, un po' Clint Eastwood e un po' Mauri del 108 senza la barba, che diventerà la spalla della sua serata.
Lo molesta, lo abbraccia, gli offre da bere, intavola con lui discursi struggenti; quando il capodoglio si arena sul tavolino si gira verso di me e dice "ci penso io, è mio amico" e va a parlamentare con il buttafuori permettendo al leviatano di ritirarsi in piedi ed allontanarsi in buon ordine, ancora masticando lo zigomo del Gigo.

Balla da solo e se ne vanta, come diceva Elio, improvvisa passi originali con la grazia di un laterizio, prepara cocktails a volontà, si lancia in un peep-show dietro ad un vetro con Frankie che si struscia sullo schermo e lui che finge di praticargli una fellatio. La Patry, che dal suo uomo le ha viste tutte ma ha ancora la speranza di renderlo presentabile, prima o poi, erompe in un "EH NO!!! QUESTO NOOOO!!!".

Mentre Fabio è fuori a fumare il capodoglio, che ha preso eccessiva confidenza dopo aver divorato il Capitano Achab, lo affronta dicendogli "io sono sampdoriana, ma voi non me la raccontate giusta: per esempio tu [indicandolo], IO NON TI HO MAI VISTO ALLO STADIO"... accecato dall'odio sta per sgozzare il mostro marino, ma si rasserena e si limita a trattarla come una ritardata.

Cerca di tenere il ritmo di Jill Sanders, riesce bene o male a seguirla in tutte le sue evoluzioni sullo step, ma l'eccessivo movimento gli provoca uno sconquasso nello stomaco, e per il viaggio di ritorno si fa sostituire da un suo autoritratto impressionista, una sagoma di cartone su cui dipinge qualcosa di vagamente simile alla sua immagine usando solo tinte sul verde. Il cartonato, si sa, non è particolarmente stabile, e infatti ondeggia pericolosamente ad ogni curva.

E' un noir, ma non è un romanzo... è un film.

"The Master of Ceremonies" ha ripreso tutto su pellicola, e presto lo potrete vedere sui vostri schermi.


LEGGI TUTTO

lunedì, dicembre 18, 2006

SABATO 23/12 AL CALARE DELLE TENEBRE SIETE TUTTI INVITATI A:

THE EVENT!!!


Sabato sera mi farebbe molto piacere festeggiare insieme a tutti voi il mio compleanno e già che ci siamo sarebbe una buona occasione per poterci fare gli auguri di natale in attesa di sfasciarci per quelli di capodanno. La location prescelta sarebbe la bellissima discoteca LUNA ROSSA!!! Chiaramente siete tutti invitati e potete estendere l'invito a chi vi pare... ...avrei bisogno, al fine di prenotare un tavolo, di sapere entro mercoledì chi verrà e con quante persone verrete; siccome non potrò verificare spesso il blog dovreste gentilmente mandarmi un messaggio sul cell.

Spero di vedervi tutti!!! A PRESTO with LOVE

FRANKPURY formerly known as "Via dei Landi The Finest"

PS. A molti di voi manderò anche un SMS ma siccome mandarlo a tutti è impossibile spargete la voce, soprattutto nel caso di coppie di fidanzati (Fabio & Laura per es.) o coppie di fatto (PAS & Gheppa per es., ma anche Gobbo & Gio) manderò il messaggio solo ad uno...

...Laura se vuoi dirlo al Branco immagino che in nostri comuni amici ne saranno contenti

LEGGI TUTTO

lunedì, dicembre 11, 2006

MONTECARLO NIGHTS

Un grigio e uggioso sabato sera avvolge Sampedenna, e l’unica presenza umana in Via Cantore è rappresentata da due loschi figuri che sembrano due spogliarellisti di bassa lega in cerca della casa della vecchia babbiona che li ha affittati: uno si presenta con capello gellato, scarpa nera, completo grigio ghiaccio, giacca allacciata “alla Lapo” (solo i primi due bottoni) cravatta a pois annodata come Sandokan annodava le sue liane; l’altro risponde con scarpe di legno, completo nero, camicia nera con rigo azzurro e cravatta argentata, un abbinamento conosciuto come “mafioso russo colluso col KGB e contrabbandiere di Polonio”.



I due orridi personaggi si dirigono verso “chez Bugatto”, dove vengono subito accolti da una festa paesana con CREMA DI LIMONCELLO ad inaccettabile gradazione alcolica, fatta in casa da Mamma Bugatto, che scorre a fiumi: il siculo e Babbo Bugatto, subito ubriachi, si scambiano reciproche sdolcinatezze (“Le auguro un sereno Natale” – “L’importante è affrontare la vita con il sorriso”) la Laura (che sfoggia prepotente vestito nero scippato ad una amica, che le crista dietro perché glielo sforma sul davanti) ci trascina via dalla festa di paese, e si arriva a Montano Square.

Si aggiungono alla comitiva Cri, che fanculizza il dress code del casino affiancando a giacca e cravatta degli arrogantissimi jeans, mentre il Gigo sfoggia sguardo ruvido alla Jack Palance, completo scuro, camicia chiara, cravatta scura e un paltò d’altri tempi: praticamente è Moriarty, il cattivo di Sherlock Holmes; mentre attendeva il nostro arrivo, ha dovuto dividere il marciapiede di Montano Square con un gruppetto di giovani virgulti che Giò definisce, nel suo arcaico idioma, “sti MEUSI di minchia”, ossia dei caffuzzi di bassa lega che svernano in piazza ascoltando le canzoni dello scudetto del Doria, e quindi provocando in Moriarty istinti omicidi purissimi, e una gran voglia di “entrargli in scivolata sull’autoradio”.
Sono le 21.45, siamo già brutti da vedere, e la serata tecnicamente non è ancora iniziata.

In autostrada ecco il primo colpo di scena: nel pomeriggio, stampandole sul retro delle distinte della squadra di calcio mia e dello Squillace, ho callidamente predisposto delle drammatiche ISTRUZIONI SU COME SI GIUOCA AI GIUOCHI DI AZZARDO del Casinò: il Gigo, con voce impostata degna della pubblicità del Kinder Fetta Al Latte, nonché pronuncia dei termini francofoni che farebbe rabbrividire Leone di Lernia, inizia a snocciolare le regole di giochi definiti SCEMIN DEFFERR, KRAPS, BACCARAT (letto così come è scritto, scandendo bene la T finale e ponendo un violentissimo accento sdrucciolo sulla prima A), e molti altri.
Suscita particolare ilarità la spiegazione del “craps”, i dadi, di cui non capiamo assolutamente i punteggi e il sistema di puntate, ma che ci allieta il viaggio grazie al fatto che “l’arbitro” è rappresentato da un personaggio detto STICKMAN, “l’uomo con la verga”.

Mentre il Gigo prende un attimo fiato per dare riposo alla sua impostatissima voce, dalle retrovie Cri lancia l’anatema: “ragazzi, io vi vorrei far notare che stiamo andando a giocare al Casinò di MonteCarlo LEGGENDO LE ISTRUZIONI: siamo fottuti”.
Il Gigo però non accetta di partire già sconfitto, e rilancia: “non solo abbiamo le istruzioni, ma io ME LE PORTERO’ DENTRO, e ad un certo punto le tirerò fuori chiedendo al croupier di spiegarmele”… l’ilarità dilaga immediatamente, e il viaggio rischia di finire prematuramente giù da un viadotto perché le lacrime mi offuscano la vista per molti minuti.

Dopo un’oretta di viaggio un familiare aroma di sterco si diffonde nell’abitacolo: le solite malelingue di paese indicano Giò come il colpevole, ma risolviamo il tutto con un diplomatico “ma no, viene da fuori”. Pausa caffe’ (barba e bidè) + rustichella all’autogrill, dove ci accoglie una povera donna sull’orlo di una crisi di nervi, che bestemmia contro i suoi colleghi che l’hanno lasciata sola: il siculo le distende i nervi chiedendole “un caffe’ corretto”, al che lei lo guarda con istinto omicida e risponde “qui noi non facciamo correzioni”, e si rischia subito la tragedia; mangiamo le nostre piadine lascivamente appoggiati ai tavolini, e quando qualcuno suggerisce di comprare un pornaccio la gente ci guarda come se fossimo quattro imprenditori che vanno a fare turismo sessuale (e, se non ci fosse la Lauretta a rappresentare le nostre coscienze, rischieremmo di fare quella fine sul serio).

Durante la seconda parte del viaggio la tensione è già altissima, si cercano tutti gli espedienti per esorcizzare la sfiga, parlando di amuleti, numeri fortunati, corsi e ricorsi storici.

Ad Arma di Taggia scatta il patto suicida: SE VINCIAMO PESANTE, ANDIAMO TUTTI A PUTTANE!!!!!!
L’entusiasmometro si impenna, ma non appena si placano i barriti dei presenti, si ode la voce della Lauretta, che pone un inquietante quesito: “ok, voi andate pure a puttane. Ma io?”.

A questo punto le risposte possibili sono tre:
a) andiamo a puttane noi quattro, e lei niente.
E’ una soluzione inaccettabile, perché il patto suicida esorcizza la zebbia solo se ci stiamo tutti e cinque: se qualcuno si tira fuori interrompe il fluido magico e l’esorcismo non funge.
b) noi andiamo a puttane, lei si piglia un gigolò.
Altrettanto inaccettabile, perché non faremmo mai una cosa del genere al buon Fabio.
Non rimane che la soluzione c), che viene adottata a maggioranza bulgara: se vinciamo pesante, andiamo tutti a puttane COMPRESA LA LAURA, perché notoriamente, in base a regole millenarie della convivenza civile, il lesbo non vale come tradimento, così a Fabio dà un po’ meno fastidio (anzi, maniman si precipita da Bressanone per partecipare all’evento).

Tra ameni discorsi e scandalose cazzate la strada scorre via agile, e attorno alle 23.30 superiamo il confine: si incendia immediatamente l’odio anti-francese, e il breve tratto dal confine a MonteCarlo viene speso lasciandoci andare al più becero razzismo verso i cugini.
Entriamo in città, siamo carichi al punto giusto e perfettamente in clima-partita… o almeno sembra. Nel momento in cui imbrocco una svolta come tante, ai nostri piedi si spalanca il viale che porta al Casinò, illuminato in modo sfarzoso e spocchioso come solo il Casinò di Montecarlo può essere, e tutta la nostra baldanza si ammoscia miseramente: cala il gelo, e nel silenzio tombale si sentono solo due parole, tremebonde, che provengono dal Gigo: “andiamo via”.


Il momento di sconforto dura poco, ci infiliamo nel parcheggio sotterraneo con commenti tipo “è merdazza”, “mi sto cagando addosso, ma non è per il caffè”, “mamma, se non vedi in giro l’atto di proprietà della casa stai tranquilla, l’ho preso io”.
Emergiamo nella piazzetta del casinò e spendiamo una ventina di minuti tra foto alla piazza, alle fontane, ai giochi di luce, agli scandalosi macchinoni parcheggiati in doppia fila (tra cui una Pagani Zonda che pensavo esistesse solo in Gran Turismo); ci decidiamo alla fine ad entrare nel casinò, e qui inizia il dramma.

Le indicazioni che mi erano state date erano chiare: “ci sono due casinò, uno sopra e uno sotto: quello sopra è off-limits per molti motivi, mi raccomando andate in quello sotto se no siete fottuti”: il problema è che nella piazza c’è un casinò solo, e nessun “sotto”: dopo qualche minuto di indecisione prendiamo il coraggio a due mani, ci convinciamo che prima si entra e poi ci saranno delle scale che portano “sotto”, e quindi varchiamo la fatale soglia.

La coda alla biglietteria ci permette di notare alcuni personaggi di un certo livello, e il momento migliore è rappresentato da una coppia che si lascia andare a gesti scaramantici che comportano il mastrussamento di organi genitali FEMMINILI che lascio alla vostra immaginazione.
Porgiamo i nostri documenti d’identità, paghiamo i dieci neuro d’ingresso e ritiriamo il biglietto nominativo: il salone si apre di fronte a noi, sfarzosissimo, ma scale che scendono non se ne vedono, e prima di entrare abbiamo bisogno di una ulteriore conferma: Giò si avvicina ad una valletta e, con un francese degno di miglior causa, le chiede delucidazioni su questa storia dei due casinò; la giovane, guardandoci con lo sguardo da patrizio che guarda il servo della gleba, spiega che il secondo casinò è “sotto” nel senso che è “più avanti lungo la strada”.

Scoppia un’immotivata ilarità per il fatto di aver speso 10 Euro per entrare nel casinò sbagliato, ma ormai abbiamo cacciato il grano e quindi ci facciamo un giretto turistico nel mondo dell’opulenza e dello sfoggio inutile di ricchezza.
La moquette del salone arriva a metà polpaccio, tutto è vellutato e attutito e pregio, e il livello dello sfarzo si potrebbe definire da “doppio calcio in bocca con scarponi da sci alla miseria”, perché l’espressione “schiaffo alla miseria” non è abbastanza significativa.
La gente opulenteggia a destra e a sinistra, i tavoli hanno dei minimi di puntata nell’ordine delle centinaia di neuro, gli avventori spaziano dalla coppia di anziani vestita in modo elegante, alle TRUOIONE scandalose inguainate in pochi centimetri di domopak, ai gruppi di gggggiovani che spendono e spandono amabilmente, ai ricconi stranieri con sigarozzo d’ordinanza grosso come il braccio di un bambino africano.

Al primo tavolo cui ci avviciniamo, la scena è questa: alcuni italiani stanno giocando a dadi, composti da alcuni nerds trentenni con completi scuri e foulards colorati ed uno sguaiatissimo puttanone da sbarco in lungo nero: la bottanazza sta tirando i dadi, quando ad un certo punto, dall’altra parte del tavolo, un americano sigarato attira l’attenzione del mitico STICKMAN, dichiara “HARD TEN” (cioè puntata secca sul fatto che a quel tiro esca 10) e lancia sul tappeto verde, ma che dico lancia, SCAGLIA una fiche come se fosse una pietra, dal modico valore di 500 Euro.
Il mignottone lancia i dadi… DOPPIO 5!!!!
L’americano vince in scioltezza mi pare dodici o tredici volte la posta (il calcolo fatelo voi che a me viene da ridere), e non è che esulti, batta le mani, bestemmi o comunque esprima gioia: si limita ad un mezzo ghigno, aspira un ettaro di piantagione cubana essicata, e dicendo “BRAVO, BRAVO” alla bagascia lancia due fiches di mancia (sempre di quel valore là) a lei e una all’uomo cno la verga; uno dei nerd si appoggia alla vacca per complimentarla, ma l’americano lo cazzia subito proferendo un gutturale “NO, NO, DON’T DISTURB HER”.
A quel punto me ne vado, perché i miei primi due minuti di gioco in un casinò sono stati già troppo forti.

Mi imbatto in Cri e Giò che stanno ululando come Wolverine dopo aver visto una di quelle ragazze vestite in modo fine che sarebbero in grado di sbrinare un frigo a dieci metri di distanza, osserviamo con curiosità il bancomat con su scritto “RITIRATEVI”, ci riteniamo soddisfatti di questo bagno nello sfarzo e ci dirigiamo al secondo casinò.

Il “Sun Casinò” si trova più avanti lungo la discesa, proprio nella curva più famosa del mondo, la ex curva “Loews” del Gran Premio di Fomula 1 (per intenderci, il tornantino lentissimo che chiunque avrà visto in tivvù almeno una volta nella propria vita): rispetto al casinò principale è più grande, più informale, più affollato, più caotico e soprattutto molto più TRASH.
Ci sono tavoli in cui la giocata minima è da due neuro, ma ci sono anche tavoli da blackjack con rilancio minimo a 500 neuro (che rimane vuoto tutta la sera) e 200 neuro (in cui invece un vecchio pelato gioca per varie ore).
Facciamo un giretto per farci un’idea del campo di battaglia, beviamo uno scherzo al bar (gin tonic 10 euro, Macallan 12 anni 11 euro), cambiamo i primi 50 euro e ci buttiamo nella mischia.
Da qui in poi i ricordi si fanno frammentari e farraginosi, seguire un filo logico si fa arduo: ognuno affronta l’avventura a modo suo, a volte da solo, a volte in coppia, a volte tutti e quattro, ci si ritrova solo di tanto in tanto per confrontare i rispettivi risultati.

- La prima giocata fa subito capire dove tirerà il vento: il siculo si avvicina ad una roulette, vede che il termine per le puntate sta per scadere, si protende al di sopra della folla e con la punta delle dita mette una fiche A CASO sul numero più lontano su cui riesce ad arrivare: la roulette si ferma, io sto allungando il collo per capire dove si è fermata la palletta, e con soave innocenza gli chiedo “che numero è uscito?”: mi giro verso di lui e lo vedo pezzato e congelato in un ghigno tipo joker, e mi risponde con voce innaturale:
“IL MIOOOOOO!!!!!”. 36 volte la posta, e via andare; successivamente il ragazzo ripeterà lo scherzo, questa volta giocando non a caso ma sulla sua data di nascita, riuscendo quindi a mettere da parte un bel gruzzolo.
- Nei primi minuti di gioco la Laura gioca solo le fiches del siculo, e vince. Quando poi si deciderà a giocare le sue, non vincerà più una minchia.
- Il Gigo gioca all’italiana, circospetto catenaccio e improvvisi contropiede, ma i risultati tardano ad arrivare e si rischia di non mangiare il panettone. Addio puttane.
- Cri parte fortissimo e vince parecchio nelle primissime mani, poi lo perdo di vista per un po’ e quando lo ritrovo ha perso quasi tutto, ma all’ultima mano azzecca la puntata della vita, e barrendo un poco sobrio ma genuino “SIIIIIIIII!!!! SIIIIIIIIIII!!!!! SIIIIIIIII!!!!” si porta a casa un solido gruzzoletto di 250 neuro.
- Io punto sempre sullo stesso carrè (quattro numeri vicini) in tutte le roulette, vinco 4 volte e mi metto da parte qualche soldo. a questo punto, assieme a Giò, ci dirigiamo al banale, ma divertentissimo, “casino war”, che sarebbe “carta più alta vince” contro il croupier. Ad un certo punto si aggrega anche il Gigo, e unendo le forze ci portiamo a casa qualche soldino.
- In un intermezzo DRESH, mentre io e Giò ci dirigiamo al bar per un rifornimento, due puttanoni da battaglia ci scrutano dal loro trespolo: stanno per saltarci alla gola, ma all’improvviso vedono arrivare due trentenni chiaramente più opulenti di noi, e abbordano loro. Meno male, perché sarebbe finita in tragedia.
- Tra un tavolo e l’altro Giò butta già cinque cocktail, e quando si sente fragrante al punto giusto va al tavolo del poker e abborda un orrido italiano: “scusa, mi faresti giocare solo 5 minuti?”: l’orrido gli cede il posto, e in 10-minuti-10 di poker e black jack il nostro si fuma via buona parte delle vincite precedenti (diciamo un 400 euro in scioltezza): a questo punto si rasserena, mette da parte i 250 euro netti guadagnati nel frattempo, e decide saggiamente di starsene così.

- Verso la fine della serata vivo una esperienza forte: bullandomi del gruzzolo di circa 180 euro racimolato (oltre ai 50 iniziali) prendo posto fisso al tavolo del casino war e inizio a giocare per un bel po’: i risultati sono interlocutori, vinco e perdo più o meno le stesse cifre, finché ad un certo punto mi dico “dai, in questa mano qua alziamo la posta, e se va male è l’ultima”, piazzando lì 40 euro secchi. Esce il 3 (cioè la seconda peggior carta dopo il due), e mi dico “ecco hai visto, hai fatto l’arrogante e sei stato punito, è il segnale che te ne devi andare e tornare alle roulette, che si vince meno ma sono più tranquille”. Sono placido e tranquillo in questi ragionamenti quando vedo che ANCHE AL CROUPIER esce il 3.
A questo punto penso “dai, questo è un segnale, E’ LA MIA SERATA: mi piglio in culo il secondo punteggio più basso, la carta peggiore pescata in serata, e al croupier viene lo stesso punto!!! dai che andiamo alla grande!!!”.
Si va alla “bataille des cards”, vale a dire lo spareggio, ma per giocarlo bisogna raddoppiare la posta: alle mie spalle Giò, che seguiva da spettatore, mi fa “dai che entro anche io in questa mano, ce lo metto io il raddoppio”, ma io declino l’invito, perché ormai sono scavato in un blocco a grandezza naturale di arroganza e supponenza, e raddoppio in scioltezza.
Esce la mia carta supplementare…
DIECI!!! E ANDIAMO!!! VAFFANCULO CRUPIE’ DI STOCAZ… Jack per lui.

Nonostante quei dodici, tredici litri di adrenalina che mi scorrono in corpo, mantengo il sangue freddo, non faccio nemmeno un gemito ed evito di divorare il tavolo con croupier, fiches e tutto il resto; il francese al mio fianco mi batte una comprensiva pacca sulla spalla (e io rimugino di strappargli comprensivamente il braccio), mentre dietro di me Giò prorompe in una orrenda blasfemia che echeggia in tutta la sala, talmente poderosa che nello stesso istante a San Pietro il Pastore Tedesco si sveglia sudato e con i capelli spettinati.

E’ l’inizio della fine: da lì in poi non mi entra più NIENTE, a nessun gioco, e dall’essere sopra di 180 Euro mi ritrovo, fast forward una quindicina di minuti dopo, con l’avere un’ultima fiche da 25 euro in mano, all’ultima roulette, mentre gli altri hanno già finito di giocare: allora piazzo la fiche sul mio carrè fortunato, guardo il Gigo e gli dico “senti, è l’ultima giocata, dimmelo tu se ho vinto che io me ne vado”. Mi allontano dal tavolo e mi metto a parlare con gli altri tre in mezzo alla sala, ad un certo punto il Gigo si gira e mi dice soltanto: “è finita”.

E’ un momento commovente, e scandisce nel modo migliore un ideale triplice fischio. Sono ormai le tre passate, i due fortunelli ritirano il malloppo (uno in stato di ubriachezza sintomatica, l’altro paonazzo e a rischio infarto dopo la trionfale giocata finale), la Lauretta nonostante i risultati interlocutori saltella e ride, inebetita dalla gioia, io e il Gigo (che chiudiamo tristemente la classifica con un rosso rispettivamente di 150 e una ottantina di Euro) ci abbracciamo e esprimiamo al Padre nostro che sta nei cieli tutta la nostra stima e riconoscenza.

La serata è stata trionfale in ogni caso, e se pure io che ho perso più di tutti esco dal luogo di perdizione col sorriso sulle labbra, vuol dire che è stato un grande successo.
Ci avviamo verso la macchina rimembrando i momenti più eroici della nottata, i due vincitori prima millantano di offrire cene, poi si limitano a spartirsi le spese di viaggio; al rientro il clima è ovviamente più raccolto e misurato, la Lau rompe i coglioni perché i camion le fanno paura ma poi perde i sensi, l’ultima ora di viaggio scorre amena mentre io, Giò e il Gigo discorriamo amabilmente di Sparta, Leonida, la battaglia delle Termopili e le sue ripercussioni sullo sviluppo della civilità occidentale, Epaminonda, Pelopida e il Battaglione Sacro con i seicento froci.

Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…

LEGGI TUTTO

sabato, dicembre 02, 2006

Una volta c'erano i film al cinema, e i trailers erano soltanto pezzetti di film messi lì alla rinfusa, per dare una vaga idea di cosa ti aspettasse.

Poi il concetto di trailer divenne un'arte, ed ora come ora si resta spesso basiti di fronte ad un semplice trailer.

Negli ultimi anni, però, hanno fatto un ulteriore passo avanti, e su internet e nei cinema si resta a bocca aperta davanti a trailers... di VIDEOGIOCHI.

Questi due, in cui mi sono imbattuto di recente, sono francamente incredibili:

Gears of War (BUDDA-BUDDA-BUDDA) e NBA Live '97






 






 





 




LEGGI TUTTO